Quali sono i diversi tipi di mascherine? Come gestirne l’utilizzo e la rimozione?
Esistono tre tipi di mascherine. Mascherine chirurgiche: sono monouso, composte di vari strati, tra cui almeno uno è idrorepellente, al fine di evitare la fuoriuscita di materiale fluido; servono quindi per proteggere esclusivamente gli altri dalle nostre secrezioni. Per una protezione ottimale dovrebbe essere utilizzata da entrambe le persone in interazione.
Mascherine FFP1, FFP2, FFP3: sono classificate come Dispositivi di Protezione Individuale, e sono realizzate in tessuto e materiale filtrante, progettate per non permettere né la fuoriuscita, né tantomeno l’ingresso di particelle fluide. Ad ogni grado aumenta il livello di filtro (FFP2: 85% di protezione, FFP3: 95-98% di protezione, la FFP1 è equiparabile ad una mascherina chirurgica), e quindi di protezione. Attenzione! Nel caso in cui questo tipo di mascherina presentasse una valvola, pensata per ridurre il livello di umidità e la formazione di condensa, il suo livello di sicurezza scende e non di poco: infatti, facendo “sfiatare” la valvola, si permette a numerose particelle di attraversare in uscita la barriera protettiva della mascherina. Di conseguenza, è fortemente sconsigliato l’utilizzo di queste mascherine se si sospetta di esser positivi al COVID-19. Perciò questo tipo di mascherine, permettendo la fuoriuscita di particelle, comporta una protezione sicura soltanto per chi la indossa e non per le altre persone.
Mascherine in tessuto: chiamate anche “mascherine di comunità”, sono fatte di tessuto e lavabili, tuttavia, la loro efficacia a livello di protezione varia moltissimo in base al tessuto utilizzato e al livello di filtraggio. Questo tipo di mascherina deve essere lavata dopo ogni utilizzo, con un lavaggio in lavatrice a 60 gradi. In ogni caso, tutte le mascherine devono essere indossate tenendole per gli elastici con le mani appena lavate, e mai dalla loro parte centrale e filtrante; se usa e getta (come le mascherine chirurgiche), non devono essere utilizzate per più di qualche ora, se lavabili devono essere lavate dopo ogni utilizzo; una volta indossate non devono essere toccate di continuo, soprattutto se non si hanno le mani pulite, perché questo farebbe aumentare il rischio di contagio; devono essere rimosse tenendole per gli elastici e occorre lavarsi accuratamente le mani, per almeno venti secondi. Una volta effettuata la rimozione, in caso di dispositivi non usa e getta, questi vanno riposti all’interno di un astuccio/confezione di plastica con chiusura ermetica, utilizzato unicamente per contenere la mascherina; qualsiasi altro metodo di conservazione (su superfici come banchi o scrivanie, in borsa, in tasca…) non garantisce la sicurezza del dispositivo. infine, le mascherine “riutilizzabili” hanno un tempo di utilizzo dopo il quale il potere filtrante viene meno: per andare ad individuarlo, è necessario leggere il foglio illustrativo del produttore.
Mascherine FFP1, FFP2, FFP3: sono classificate come Dispositivi di Protezione Individuale, e sono realizzate in tessuto e materiale filtrante, progettate per non permettere né la fuoriuscita, né tantomeno l’ingresso di particelle fluide. Ad ogni grado aumenta il livello di filtro (FFP2: 85% di protezione, FFP3: 95-98% di protezione, la FFP1 è equiparabile ad una mascherina chirurgica), e quindi di protezione. Attenzione! Nel caso in cui questo tipo di mascherina presentasse una valvola, pensata per ridurre il livello di umidità e la formazione di condensa, il suo livello di sicurezza scende e non di poco: infatti, facendo “sfiatare” la valvola, si permette a numerose particelle di attraversare in uscita la barriera protettiva della mascherina. Di conseguenza, è fortemente sconsigliato l’utilizzo di queste mascherine se si sospetta di esser positivi al COVID-19. Perciò questo tipo di mascherine, permettendo la fuoriuscita di particelle, comporta una protezione sicura soltanto per chi la indossa e non per le altre persone.
Mascherine in tessuto: chiamate anche “mascherine di comunità”, sono fatte di tessuto e lavabili, tuttavia, la loro efficacia a livello di protezione varia moltissimo in base al tessuto utilizzato e al livello di filtraggio. Questo tipo di mascherina deve essere lavata dopo ogni utilizzo, con un lavaggio in lavatrice a 60 gradi. In ogni caso, tutte le mascherine devono essere indossate tenendole per gli elastici con le mani appena lavate, e mai dalla loro parte centrale e filtrante; se usa e getta (come le mascherine chirurgiche), non devono essere utilizzate per più di qualche ora, se lavabili devono essere lavate dopo ogni utilizzo; una volta indossate non devono essere toccate di continuo, soprattutto se non si hanno le mani pulite, perché questo farebbe aumentare il rischio di contagio; devono essere rimosse tenendole per gli elastici e occorre lavarsi accuratamente le mani, per almeno venti secondi. Una volta effettuata la rimozione, in caso di dispositivi non usa e getta, questi vanno riposti all’interno di un astuccio/confezione di plastica con chiusura ermetica, utilizzato unicamente per contenere la mascherina; qualsiasi altro metodo di conservazione (su superfici come banchi o scrivanie, in borsa, in tasca…) non garantisce la sicurezza del dispositivo. infine, le mascherine “riutilizzabili” hanno un tempo di utilizzo dopo il quale il potere filtrante viene meno: per andare ad individuarlo, è necessario leggere il foglio illustrativo del produttore.
Come gestire la sanificazione del vestiario e degli oggetti che viaggiano tra casa e scuola?
Al fine di limitare il più possibile l’eventuale “passaggio” di virus tra casa e scuola, si suggerisce di non far portare a scuola materiale che non sia strettamente necessario (si pensi soprattutto ai bambini, che potrebbero portare dei giochi da casa); per quanto riguarda il materiale scolastico, una volta rientrati a casa, è consigliata la sanificazione, magari tramite l’utilizzo di uno spray igienizzante (deve avere una concentrazione alcolica almeno del 70%, con denominazione di presidio medico chirurgico). Per quanto riguarda i capi di abbigliamento, si consiglia di non far indossare dentro casa le scarpe utilizzate all’esterno (anch’esse possono essere disinfettate tramite lo spray igienizzante al rientro), mentre per il vestiario, risulta efficace non mettere gli stessi vestiti per due giorni consecutivi.
Infine, rimane invariata la concezione secondo la quale il miglior modo di non “portarsi a casa” il virus, sia quello di rispettare le distanze, indossare i presidi di protezione individuale ma soprattutto lavarsi spesso e in modo adeguato le mani. Quindi, in modo specifico per i bambini più piccoli, si ritiene sia utilissimo condividere insieme a loro momenti in cui, magari attraverso dinamiche di gioco, si “ripassano” le buone pratiche, come il corretto lavaggio delle mani o la giusta procedura di rimozione e conservazione delle mascherine.
Infine, rimane invariata la concezione secondo la quale il miglior modo di non “portarsi a casa” il virus, sia quello di rispettare le distanze, indossare i presidi di protezione individuale ma soprattutto lavarsi spesso e in modo adeguato le mani. Quindi, in modo specifico per i bambini più piccoli, si ritiene sia utilissimo condividere insieme a loro momenti in cui, magari attraverso dinamiche di gioco, si “ripassano” le buone pratiche, come il corretto lavaggio delle mani o la giusta procedura di rimozione e conservazione delle mascherine.
Che differenza c’è tra i diversi tipi di test? Questi test verranno somministrati direttamente a scuola?
l test sierologico serve a rilevare la presenza di anticorpi anti-SARS-CoV-2 da noi prodotti nel momento in cui entriamo in contatto con il Covid-19.
Si tratta di tre diversi anticorpi, le immunoglobine IgA (la cui presenza indica la precocità del virus), IgM (anche queste presenti nella fase acuta, indicano che l’infezione è in corso e il virus è stato contratto da poco) e IgG (chiamate anche immunoglobine della memoria, che se sono presenti da sole possono indicare che l’infezione non è più in corso), che ci raccontano la storia dell’infezione: se abbiamo incontrato il virus e da quanto tempo.
Esistono due tipi di test sierologici: - test rapido: stabilisce la presenza effettiva degli anticorpi nell’organismo - test semi-quantitativo misura la quantità degli anticorpi nel sangue
A cosa servono le informazioni date dal sierologico? A programmare il ritorno a lavoro in sicurezza dei dipendenti e capire quante persone sono entrate a contatto con il virus così da portare a termine lavori di tracciamento e controllo della diffusione del virus. Attenzione però, un risultato “negativo”, con questo e anche con gli altri test, fatto nella fase di “incubazione” del virus, è un rischio possibile!
Vi è poi il test antigenico rapido Covid-19 (il cosiddetto “tampone veloce”), che permette di identificare gli antigeni del virus SARS-CoV-2, permette di rilevare la presenza di componenti del virus.
Si esegue a partire da un tampone delle alte vie aeree e ci permette di avere una risposta in tempi brevi (solitamente alcune ore); in caso di risultato positivo, il paziente dovrà sottoporsi immediatamente ad un test molecolare per confermare o meno i primi risultati.
Infine, il test molecolare Covid-19, che è l’esame diagnostico di riferimento per il Covid-19. Si esegue a partire da un tampone nasofaringeo e rileva la presenza del materiale genetico del virus SARS-CoV-2 mediante analisi molecolare (RT-PCR); l’esame deve essere svolto soltanto in laboratori di analisi autorizzati da Ministero della Salute, Regioni e ASL di riferimento.
Si esegue in seguito a positività dei due test precedenti, in presenza di conclamati sintomi oppure a persone definite “contatti diretti” con pazienti positivi al Covid-19.
Per quanto riguarda il progetto dell’esecuzione a scuola di test per rilevare il Covid-19, si fa riferimento a quanto riportato dal Ministero della Salute (circolare 0031400-29/09/2020):
“Si può riportare che: · il test molecolare rimane tuttora il test di riferimento per la diagnosi di SARS-CoV-2; · i test antigenici rapidi su tampone naso-faringeo possono essere utili in determinati contesti, come lo screening rapido di numerose persone; · i test antigenici e molecolari su campioni di saliva, allo stato attuale delle conoscenze, difficilmente si prestano allo screening rapido di numerose persone, in quanto richiedono un laboratorio attrezzato.
Per i motivi sopra esposti – in vista di un probabile ampliamento dell’esigenza di prevenire, attraverso l’effettuazione di test, l’incremento dei contagi – l’utilizzo dei test antigenici rapidi può essere utilmente esteso a contesti diversi rispetto a quello di porti e aeroporti. Posto che l’intervallo di tempo utile per ottenere i risultati dei test molecolari risulta più ampio, si ritiene che l’utilizzo di tali test antigenici rapidi sia in grado di assicurare una diagnosi accelerata di casi di COVID-19, consentendo una tempestiva diagnosi differenziale nei casi sospetti tra sindrome influenzale e malattia da SARS-CoV2. Pertanto, l’utilizzo di tale tipologia di test in ambito scolastico, anche considerando i possibili limiti nelle caratteristiche del test, potrebbe accelerare la diagnosi di casi sospetti di COVID-19. Infatti, è del tutto lecito assumere che la frequenza di episodi febbrili nella popolazione scolastica nel periodo autunnale e invernale sia particolarmente elevata, e che sia necessario ricorrere spesso alla pratica del tampone per escludere in tempi rapidi la possibilità che si tratti di COVID-19, nonché per individuare prontamente i casi, isolarli e rintracciarne i contatti, facilitando la decisione di applicare o meno misure quarantenarie in tempi brevi e con un risparmio notevole di risorse, evitando un eccessivo sovraccarico dei laboratori di riferimento. In caso di sospetto diagnostico ovvero in caso di esposizione al rischio del personale scolastico o degli alunni, ove sussistano i presupposti sopra indicati, si può, pertanto, ricorrere anche al test antigenico rapido.”
Al momento è stato inoltre assegnato un bando per la produzione di 5 milioni di test rapidi (http://www.governo.it/it/dipartimenti/commissario-straordinario-lemergenza-covid-19/cscovid19-bandi-200929/15285), la cui distribuzione e suddivisione nelle varie Regioni verrà comunicata, insieme alle linee guida per l’esecuzione dei test, nel prossimo futuro.
Si tratta di tre diversi anticorpi, le immunoglobine IgA (la cui presenza indica la precocità del virus), IgM (anche queste presenti nella fase acuta, indicano che l’infezione è in corso e il virus è stato contratto da poco) e IgG (chiamate anche immunoglobine della memoria, che se sono presenti da sole possono indicare che l’infezione non è più in corso), che ci raccontano la storia dell’infezione: se abbiamo incontrato il virus e da quanto tempo.
Esistono due tipi di test sierologici: - test rapido: stabilisce la presenza effettiva degli anticorpi nell’organismo - test semi-quantitativo misura la quantità degli anticorpi nel sangue
A cosa servono le informazioni date dal sierologico? A programmare il ritorno a lavoro in sicurezza dei dipendenti e capire quante persone sono entrate a contatto con il virus così da portare a termine lavori di tracciamento e controllo della diffusione del virus. Attenzione però, un risultato “negativo”, con questo e anche con gli altri test, fatto nella fase di “incubazione” del virus, è un rischio possibile!
Vi è poi il test antigenico rapido Covid-19 (il cosiddetto “tampone veloce”), che permette di identificare gli antigeni del virus SARS-CoV-2, permette di rilevare la presenza di componenti del virus.
Si esegue a partire da un tampone delle alte vie aeree e ci permette di avere una risposta in tempi brevi (solitamente alcune ore); in caso di risultato positivo, il paziente dovrà sottoporsi immediatamente ad un test molecolare per confermare o meno i primi risultati.
Infine, il test molecolare Covid-19, che è l’esame diagnostico di riferimento per il Covid-19. Si esegue a partire da un tampone nasofaringeo e rileva la presenza del materiale genetico del virus SARS-CoV-2 mediante analisi molecolare (RT-PCR); l’esame deve essere svolto soltanto in laboratori di analisi autorizzati da Ministero della Salute, Regioni e ASL di riferimento.
Si esegue in seguito a positività dei due test precedenti, in presenza di conclamati sintomi oppure a persone definite “contatti diretti” con pazienti positivi al Covid-19.
Per quanto riguarda il progetto dell’esecuzione a scuola di test per rilevare il Covid-19, si fa riferimento a quanto riportato dal Ministero della Salute (circolare 0031400-29/09/2020):
“Si può riportare che: · il test molecolare rimane tuttora il test di riferimento per la diagnosi di SARS-CoV-2; · i test antigenici rapidi su tampone naso-faringeo possono essere utili in determinati contesti, come lo screening rapido di numerose persone; · i test antigenici e molecolari su campioni di saliva, allo stato attuale delle conoscenze, difficilmente si prestano allo screening rapido di numerose persone, in quanto richiedono un laboratorio attrezzato.
Per i motivi sopra esposti – in vista di un probabile ampliamento dell’esigenza di prevenire, attraverso l’effettuazione di test, l’incremento dei contagi – l’utilizzo dei test antigenici rapidi può essere utilmente esteso a contesti diversi rispetto a quello di porti e aeroporti. Posto che l’intervallo di tempo utile per ottenere i risultati dei test molecolari risulta più ampio, si ritiene che l’utilizzo di tali test antigenici rapidi sia in grado di assicurare una diagnosi accelerata di casi di COVID-19, consentendo una tempestiva diagnosi differenziale nei casi sospetti tra sindrome influenzale e malattia da SARS-CoV2. Pertanto, l’utilizzo di tale tipologia di test in ambito scolastico, anche considerando i possibili limiti nelle caratteristiche del test, potrebbe accelerare la diagnosi di casi sospetti di COVID-19. Infatti, è del tutto lecito assumere che la frequenza di episodi febbrili nella popolazione scolastica nel periodo autunnale e invernale sia particolarmente elevata, e che sia necessario ricorrere spesso alla pratica del tampone per escludere in tempi rapidi la possibilità che si tratti di COVID-19, nonché per individuare prontamente i casi, isolarli e rintracciarne i contatti, facilitando la decisione di applicare o meno misure quarantenarie in tempi brevi e con un risparmio notevole di risorse, evitando un eccessivo sovraccarico dei laboratori di riferimento. In caso di sospetto diagnostico ovvero in caso di esposizione al rischio del personale scolastico o degli alunni, ove sussistano i presupposti sopra indicati, si può, pertanto, ricorrere anche al test antigenico rapido.”
Al momento è stato inoltre assegnato un bando per la produzione di 5 milioni di test rapidi (http://www.governo.it/it/dipartimenti/commissario-straordinario-lemergenza-covid-19/cscovid19-bandi-200929/15285), la cui distribuzione e suddivisione nelle varie Regioni verrà comunicata, insieme alle linee guida per l’esecuzione dei test, nel prossimo futuro.
Come gestire l’eventuale positività (senso di colpa, paura, isolamento sociale)?
Bisogna considerare che ogni emozione è collegata ad un pensiero ben specifico; è necessario accogliere gli stati emotivi dei nostri ragazzi e mettersi in una posizione di comprensione e apertura, ricordandosi sempre che emozioni come il senso di colpa e la paura sono potentissime e portano con loro il bisogno di essere estinte: questo significa che ogni manifestazione emotiva e comportamentale legata a questi stati, per quanto forte e preoccupante, nasce dal bisogno di chi la prova di esser contenuto e tranquillizzato, al fine di poter superare il momento di dolore che sta passando.
È necessario dunque, per quanto complesso, provare a mettere da parte la propria paura e le proprie insicurezze, evitando in questo modo di soverchiare in potenza il desiderio di accoglienza che manifesta il ragazzo, che va accolto e contenuto.
Uno dei modi di sviscerare queste paure risiede nel tentativo di raggiungere il pensiero cui fanno capo: probabilmente derivano dal desiderio del bambino/ragazzo di non ferire se non addirittura perdere chi ama, i suoi famigliari, gli amici, di non deludere le persone per lui/lei importanti e parte integrante di una normalità che, in quel momento, si interrompe a causa della situazione del contagio.
È possibile, attraverso un dialogo aperto, portare alla luce i pensieri sottostanti a questi sentimenti così forte, al fine di renderli razionali e meno spaventosi; è possibile porre ai ragazzi domande come: cosa pensi succeda se ci contagi? Quali conseguenze pensi che questo contagio potrebbe avere su di noi o su chi ti sta vicino? Cosa senti succederebbe ai tuoi rapporti se succedesse?
Queste domande si basano sul tentativo di lasciare spazio al ragionamento e alle risposte genuine da parte del ragazzo, non suggerendo nulla da parte nostra (in quanto genitori) cercando di togliere il pre – giudizio dal nostro modo di parlare, lasciando spazio a chi ci chiede di essere ascoltato possiamo aiutare davvero a dissipare le paure e le ansie, lasciando il posto ai fatti che, nonostante possano essere gravi e difficili, sono sicuramente di più facile gestione.
È necessario dunque, per quanto complesso, provare a mettere da parte la propria paura e le proprie insicurezze, evitando in questo modo di soverchiare in potenza il desiderio di accoglienza che manifesta il ragazzo, che va accolto e contenuto.
Uno dei modi di sviscerare queste paure risiede nel tentativo di raggiungere il pensiero cui fanno capo: probabilmente derivano dal desiderio del bambino/ragazzo di non ferire se non addirittura perdere chi ama, i suoi famigliari, gli amici, di non deludere le persone per lui/lei importanti e parte integrante di una normalità che, in quel momento, si interrompe a causa della situazione del contagio.
È possibile, attraverso un dialogo aperto, portare alla luce i pensieri sottostanti a questi sentimenti così forte, al fine di renderli razionali e meno spaventosi; è possibile porre ai ragazzi domande come: cosa pensi succeda se ci contagi? Quali conseguenze pensi che questo contagio potrebbe avere su di noi o su chi ti sta vicino? Cosa senti succederebbe ai tuoi rapporti se succedesse?
Queste domande si basano sul tentativo di lasciare spazio al ragionamento e alle risposte genuine da parte del ragazzo, non suggerendo nulla da parte nostra (in quanto genitori) cercando di togliere il pre – giudizio dal nostro modo di parlare, lasciando spazio a chi ci chiede di essere ascoltato possiamo aiutare davvero a dissipare le paure e le ansie, lasciando il posto ai fatti che, nonostante possano essere gravi e difficili, sono sicuramente di più facile gestione.
Come analizzare insieme ai figli adolescenti i loro comportamenti, anche e soprattutto quando questi sono mirati all'ignorare le regole vigenti, e come gestire comportamenti oppositivi e di chiusura?
È difficile entrare nel mondo dei ragazzi, soprattutto quando questi presentano comportamenti oppositivi o provocatori; una delle prime risorse che un genitore può mettere in campo riguarda la capacità di ascolto attivo: questo tipo di interazione è complessa, perché fa mettere in gioco anche le difficoltà dell’adulto, che vanno ad aggiungersi alla figura di “persona di riferimento” dei ragazzi. Spesso la cosa che viene più naturale è imporre le regole, facendo però perdere tutto l’aspetto legato all’emotività del ragazzo, il quale, dietro ad un comportamento inadeguato, può nascondere moltissime ragioni sottese. A volte, è sufficiente chiedere la motivazione del comportamento e rendersi disponibili ad ascoltare le sue ragioni (ovviamente la richiesta va effettuata in un momento in cui il ragazzo appare disposto alla discussione e alla condivisione).
Farlo parlare quasi senza intervenire, senza opporre il proprio punto di vista (anche quando giustissimo!) può aiutare a far sentire il ragazzo non giudicato, compreso e inserito in uno spazio in cui la sua opinione e la sua esperienza nei confronti del momento che stiamo vivendo contano davvero.
Sappiamo bene che il rispetto delle regole in adolescenza è uno dei più grandi problemi che le famiglie devono affrontare: oltre ad essere un adulto empatico e presente, il genitore deve anche essere “contenitore” dei sentimenti e delle azioni dei ragazzi; l’adulto ha bisogno di definire delle regole perché i ragazzi hanno bisogno di avere dei confini entro i quali muoversi. Grazie ai limiti dati dagli adulti i ragazzi possono confrontarsi con il mondo e con le persone che stanno diventando, l’eccessiva libertà rischia davvero di far sentire i ragazzi sperduti in un nuovo mondo per il quale non hanno direzioni chiare.
È importantissimo ricordarsi come spesso “poco è meglio”: la chiarezza e la semplicità sono elementi fondamentali in questo delicato momento della vita dei ragazzi; dar loro poche regole, chiare e coerenti, vi permetterà di mantenere una salda base che i ragazzi considereranno inattaccabile.
Bisogna però cercare di capire anche in che modo i ragazzi infrangano la regola: la trasgressione, infatti, può derivare da una sottovalutazione del rischio così come essere il segnale di un tentativo di “adultizzazione”; in questo senso, il ragazzo/a potrebbe pensare “sono grande ormai, non devo aver paura”: in questo caso, rispondere al suo comportamento con le delle imposizioni rischierebbe soltanto di rinforzare ancora di più la sua posizione. Cercare, invece, di condividere assieme le proprie preoccupazioni in merito, cercando di fargli capire l’universalità delle regole (soprattutto in questo momento, dove davvero tutti dobbiamo sottostare a determinate norme!) e la loro
funzione protettiva, potrebbe far loro percepire l’idea che diventare adulti significa anche far parte attiva di qualcosa di più grande di loro, che va protetto e non allontanato.
Spesso le dissonanze portano a comportamenti problematici: comunicare ai ragazzi che “va tutto bene” quando non è vero spesso può provocare uno stato di incertezza e insicurezza molto pericoloso, per quanto risulti complesso e faticoso, è molto più utile portare anche le proprie difficoltà e paure (degli adulti), all’interno della conversazione con i ragazzi: agendo in questo modo, i giovani si sentono riconosciuti all’interno del dialogo, sono più disposti ad accettare le regole, non più soltanto imposte ma condivise e discusse all’interno del sistema famigliare.
Dobbiamo infine cercare di aumentare e rinforzare il senso di resilienza dei ragazzi: perché questo accada, è necessario svolgere in primis un lavoro su sé stessi, ricordandoci di avere un pensiero propositivo e sempre attento a ciò che di buono ci circonda, lavoriamo attivamente a costruire i nostri “anticorpi” psicologici contro il virus!
Nella discussione con i ragazzi può essere utile avere un’impostazione proattiva, provando a trovare i lati positivi della situazione, condividendo con i figli i nostri ma soprattutto i loro punti di forza (piuttosto che le mancanze!); questo può aiutare a far sentire i ragazzi adeguati e in grado di superare il momento che stiamo vivendo.
Farlo parlare quasi senza intervenire, senza opporre il proprio punto di vista (anche quando giustissimo!) può aiutare a far sentire il ragazzo non giudicato, compreso e inserito in uno spazio in cui la sua opinione e la sua esperienza nei confronti del momento che stiamo vivendo contano davvero.
Sappiamo bene che il rispetto delle regole in adolescenza è uno dei più grandi problemi che le famiglie devono affrontare: oltre ad essere un adulto empatico e presente, il genitore deve anche essere “contenitore” dei sentimenti e delle azioni dei ragazzi; l’adulto ha bisogno di definire delle regole perché i ragazzi hanno bisogno di avere dei confini entro i quali muoversi. Grazie ai limiti dati dagli adulti i ragazzi possono confrontarsi con il mondo e con le persone che stanno diventando, l’eccessiva libertà rischia davvero di far sentire i ragazzi sperduti in un nuovo mondo per il quale non hanno direzioni chiare.
È importantissimo ricordarsi come spesso “poco è meglio”: la chiarezza e la semplicità sono elementi fondamentali in questo delicato momento della vita dei ragazzi; dar loro poche regole, chiare e coerenti, vi permetterà di mantenere una salda base che i ragazzi considereranno inattaccabile.
Bisogna però cercare di capire anche in che modo i ragazzi infrangano la regola: la trasgressione, infatti, può derivare da una sottovalutazione del rischio così come essere il segnale di un tentativo di “adultizzazione”; in questo senso, il ragazzo/a potrebbe pensare “sono grande ormai, non devo aver paura”: in questo caso, rispondere al suo comportamento con le delle imposizioni rischierebbe soltanto di rinforzare ancora di più la sua posizione. Cercare, invece, di condividere assieme le proprie preoccupazioni in merito, cercando di fargli capire l’universalità delle regole (soprattutto in questo momento, dove davvero tutti dobbiamo sottostare a determinate norme!) e la loro
funzione protettiva, potrebbe far loro percepire l’idea che diventare adulti significa anche far parte attiva di qualcosa di più grande di loro, che va protetto e non allontanato.
Spesso le dissonanze portano a comportamenti problematici: comunicare ai ragazzi che “va tutto bene” quando non è vero spesso può provocare uno stato di incertezza e insicurezza molto pericoloso, per quanto risulti complesso e faticoso, è molto più utile portare anche le proprie difficoltà e paure (degli adulti), all’interno della conversazione con i ragazzi: agendo in questo modo, i giovani si sentono riconosciuti all’interno del dialogo, sono più disposti ad accettare le regole, non più soltanto imposte ma condivise e discusse all’interno del sistema famigliare.
Dobbiamo infine cercare di aumentare e rinforzare il senso di resilienza dei ragazzi: perché questo accada, è necessario svolgere in primis un lavoro su sé stessi, ricordandoci di avere un pensiero propositivo e sempre attento a ciò che di buono ci circonda, lavoriamo attivamente a costruire i nostri “anticorpi” psicologici contro il virus!
Nella discussione con i ragazzi può essere utile avere un’impostazione proattiva, provando a trovare i lati positivi della situazione, condividendo con i figli i nostri ma soprattutto i loro punti di forza (piuttosto che le mancanze!); questo può aiutare a far sentire i ragazzi adeguati e in grado di superare il momento che stiamo vivendo.
Visione del telegiornale/fruizione libera di notizie (su giornali ma soprattutto internet): da quando? quando diventa utile e quando rischia di essere dannoso?
È importantissimo gestire le fonti di informazione, condividere con i bambini la visione di telegiornali/servizi di informazione e monitorare sempre la reazione dei nostri figli. È giusto stimolare la discussione ma non forzarla.
È importante aiutare i ragazzi a scegliere fonti attendibili, ed è consigliabile confrontarsi insieme in merito, utilizzando notizie e dati provenienti da siti ufficiali (siti governativi, OMS…), evitando così di incappare in notizie non vere, poco comprensibili o erroneamente allarmanti. Per quanto riguarda le informazioni mediatiche in generale, si può dire che ci sia un problema a livello generale: da qualche tempo a questa parte, sempre più studiosi si riferiscono al periodo in cui stiamo vivendo parlando di “infodemia”, una “circolazione di una quantità eccessiva di informazioni, talvolta non vagliate con accuratezza, che rendono difficile orientarsi su un determinato argomento per la difficoltà di individuare fonti affidabili” (da Enciclopedia Treccani).
Essendo esposti ad una mole eccessiva di notizie, è facile sentirsi soverchiati e confusi; per contenere questi sentimenti una buona pratica può essere di attenersi ai protocolli e alle comunicazioni ufficiali, condividendole con i figli e cercando di spiegare loro che scegliere di ascoltare e rispettare questo tipo di comunicazioni è un buon modo per avere sempre il polso della situazione e le giuste informazioni per scegliere, senza essere influenzati, come comportarsi (usiamo la parola “scelta”, per ricordarci sempre come se posta in questo modo e non come un’imposizione, la regola viene accolta, compresa e rispettata molto di più!).
È importante aiutare i ragazzi a scegliere fonti attendibili, ed è consigliabile confrontarsi insieme in merito, utilizzando notizie e dati provenienti da siti ufficiali (siti governativi, OMS…), evitando così di incappare in notizie non vere, poco comprensibili o erroneamente allarmanti. Per quanto riguarda le informazioni mediatiche in generale, si può dire che ci sia un problema a livello generale: da qualche tempo a questa parte, sempre più studiosi si riferiscono al periodo in cui stiamo vivendo parlando di “infodemia”, una “circolazione di una quantità eccessiva di informazioni, talvolta non vagliate con accuratezza, che rendono difficile orientarsi su un determinato argomento per la difficoltà di individuare fonti affidabili” (da Enciclopedia Treccani).
Essendo esposti ad una mole eccessiva di notizie, è facile sentirsi soverchiati e confusi; per contenere questi sentimenti una buona pratica può essere di attenersi ai protocolli e alle comunicazioni ufficiali, condividendole con i figli e cercando di spiegare loro che scegliere di ascoltare e rispettare questo tipo di comunicazioni è un buon modo per avere sempre il polso della situazione e le giuste informazioni per scegliere, senza essere influenzati, come comportarsi (usiamo la parola “scelta”, per ricordarci sempre come se posta in questo modo e non come un’imposizione, la regola viene accolta, compresa e rispettata molto di più!).
Come si può gestire l’utilizzo cellulari/social networks?
Attenzione all’imitazione! Dare l’esempio di essere genitori attivi anche in altri campi/altri interessi, da moto ad un processo di imitazione da parte dei figli: se i genitori sono sempre attaccati al telefono lo saranno anche i figli!
Spesso dire “no” non è fruttuoso, anzi, si rivela spesso dannoso. Anche in questo caso è necessario provare ad attivare un dialogo empatico e rispettoso con i propri figli; provare a condividere con le loro le proprie preoccupazioni in merito al tempo passato sui telefoni, così come, d’altro canto, provare a condividere con loro alcune attività digitali gradite (condivisione di foto sui social, gioco condiviso su piattaforme online…). Queste sono degli ottimi spunti per inserire l’argomento della gestione del tempo online all’interno di una conversazione più ampia, che non venga percepita dal ragazzo soltanto come un punto di vista rigido sulla questione.
Se la tendenza a trascorrere molto tempo in rete e sui social si è consolidata, tenere a mente che il percorso di cambiamento/distacco sano sarà lungo e non immediato, in certi casi non è eccessivo parlare di vera e propria dipendenza: in questo caso è necessario monitorare il comportamento per individuare diversi segnali che devono mettere in allerta, come stati di nervosismo o aggressività, ansia generalizzata, alterazione dei ritmi del sonno (non riescono a prendere sonno e poi a svegliarsi presto il mattino dopo), cambiamenti repentini dell’umore. In questi casi viene sempre e comunque consigliato di rivolgersi ad uno specialista.
Spesso dire “no” non è fruttuoso, anzi, si rivela spesso dannoso. Anche in questo caso è necessario provare ad attivare un dialogo empatico e rispettoso con i propri figli; provare a condividere con le loro le proprie preoccupazioni in merito al tempo passato sui telefoni, così come, d’altro canto, provare a condividere con loro alcune attività digitali gradite (condivisione di foto sui social, gioco condiviso su piattaforme online…). Queste sono degli ottimi spunti per inserire l’argomento della gestione del tempo online all’interno di una conversazione più ampia, che non venga percepita dal ragazzo soltanto come un punto di vista rigido sulla questione.
Se la tendenza a trascorrere molto tempo in rete e sui social si è consolidata, tenere a mente che il percorso di cambiamento/distacco sano sarà lungo e non immediato, in certi casi non è eccessivo parlare di vera e propria dipendenza: in questo caso è necessario monitorare il comportamento per individuare diversi segnali che devono mettere in allerta, come stati di nervosismo o aggressività, ansia generalizzata, alterazione dei ritmi del sonno (non riescono a prendere sonno e poi a svegliarsi presto il mattino dopo), cambiamenti repentini dell’umore. In questi casi viene sempre e comunque consigliato di rivolgersi ad uno specialista.
Come evitare di creare ansie e fobie (per pulizia, sicurezza)? E come aiutare bambini che ne presentano i segni?
Innanzitutto, ricordiamoci che il termine fobia è molto forte e prevede un invalidamento importante della quotidianità dei bambini (che arrivano a non voler toccare più determinati giochi/non voler uscire per andare in luoghi affollati, dove non hanno il controllo).
In questo caso, per non arrivare a tanto, è fondamentale restare in relazione con i propri figli: ascoltarli, osservarli, cercare di capire come e a che livello interagiscono con il loro ambiente circostante. Si avvicina ai giochi? Si spaventa al contatto con le persone? In questo caso può essere utile accompagnare i bambini nell’interazione con lo stimolo che sta cominciando a fare paura, oppure proporre attività simili ma in assenza dell’oggetto/situazione che provoca allontanamento; in questo caso i genitori sono più che mai dei contenitori dell’esperienza e dei sentimenti dei figli, in grado di riscrivere assieme a loro la percezione che hanno dell’ambiente che li circonda.
È necessario creare e condividere uno spazio emotivo e di supporto con il resto della propria famiglia, al fine di potervisi appoggiare nel momento di difficoltà e smarrimento; in questo senso, risulta sempre evidente come la soluzione migliore e più efficace risieda sempre nella prevenzione.
In questo caso, per non arrivare a tanto, è fondamentale restare in relazione con i propri figli: ascoltarli, osservarli, cercare di capire come e a che livello interagiscono con il loro ambiente circostante. Si avvicina ai giochi? Si spaventa al contatto con le persone? In questo caso può essere utile accompagnare i bambini nell’interazione con lo stimolo che sta cominciando a fare paura, oppure proporre attività simili ma in assenza dell’oggetto/situazione che provoca allontanamento; in questo caso i genitori sono più che mai dei contenitori dell’esperienza e dei sentimenti dei figli, in grado di riscrivere assieme a loro la percezione che hanno dell’ambiente che li circonda.
È necessario creare e condividere uno spazio emotivo e di supporto con il resto della propria famiglia, al fine di potervisi appoggiare nel momento di difficoltà e smarrimento; in questo senso, risulta sempre evidente come la soluzione migliore e più efficace risieda sempre nella prevenzione.
Come dare supporto ai ragazzi che, dopo il periodo di lockdown, presentano una tendenza ad isolarsi/non uscire di casa? Come comunicare in modo positivo le ansie e le preoccupazioni dei genitori?
Bisogna sempre tenere in considerazione la specificità dei casi! Occorre cercare di analizzare la storia del ragazzo, potrebbero esserci stati dei cambiamenti importanti a monte della pandemia? Spesso i ragazzi tendono ad isolarsi per proteggersi da ciò che non conoscono e che li spaventa, il fatto di avere il “permesso” di stare a casa potrebbe aver rinforzato questo pensiero, quindi bisogna essere molto attenti nel comunicare le preoccupazioni per questa situazione, per evitare di incappare in resistenze da parte del ragazzo/a.
Valutare l’ambiente familiare: ci sono stati di ansia negli adulti, che potrebbero portare i ragazzi ad introiettarli come propri?
Spesso ci dimentichiamo di quanto il nostro comportamento di genitori influenzi le azioni dei nostri figli, è per questo che, soprattutto in questo momento storico, è di fondamentale importanza fare delle auto analisi in merito a come ci comportiamo, a quello che comunichiamo ma soprattutto a come ci sentiamo.
Avere un tipo di comunicazione ansiosa e incoerente verso un ragazzo che sta attraversando un momento di difficoltà e paura, espresso in comportamenti di isolamento e resistenza al cambiamento, non farà altro che rinforzare le sue idee e preoccupazioni. Allo stesso modo, sminuire i suoi atteggiamenti farà sì che si senta incompreso e svalutato; è necessario trovare un equilibrio in ciò che comunichiamo, soprattutto se stiamo parlando con bambini e ragazzi, da sempre i più attenti giudici di ciò che gli viene detto. Anche in questo caso, l’ascolto attivo, l’empatia e il rispetto della posizione dei nostri figli sono risorse e strumenti fondamentali per far sì che si sentano all’interno di uno spazio protetto dove condividere le proprie paure, e ricominciare a pensare all’ambiente familiare e domestico non come una confortevole gabbia, ma come un porto sicuro al quale tornare una volta in cui si sentiranno di nuovo abbastanza sicuri per tornare a navigare nel mondo.
Valutare l’ambiente familiare: ci sono stati di ansia negli adulti, che potrebbero portare i ragazzi ad introiettarli come propri?
Spesso ci dimentichiamo di quanto il nostro comportamento di genitori influenzi le azioni dei nostri figli, è per questo che, soprattutto in questo momento storico, è di fondamentale importanza fare delle auto analisi in merito a come ci comportiamo, a quello che comunichiamo ma soprattutto a come ci sentiamo.
Avere un tipo di comunicazione ansiosa e incoerente verso un ragazzo che sta attraversando un momento di difficoltà e paura, espresso in comportamenti di isolamento e resistenza al cambiamento, non farà altro che rinforzare le sue idee e preoccupazioni. Allo stesso modo, sminuire i suoi atteggiamenti farà sì che si senta incompreso e svalutato; è necessario trovare un equilibrio in ciò che comunichiamo, soprattutto se stiamo parlando con bambini e ragazzi, da sempre i più attenti giudici di ciò che gli viene detto. Anche in questo caso, l’ascolto attivo, l’empatia e il rispetto della posizione dei nostri figli sono risorse e strumenti fondamentali per far sì che si sentano all’interno di uno spazio protetto dove condividere le proprie paure, e ricominciare a pensare all’ambiente familiare e domestico non come una confortevole gabbia, ma come un porto sicuro al quale tornare una volta in cui si sentiranno di nuovo abbastanza sicuri per tornare a navigare nel mondo.
Come gestire anche la propria ansia e paura (dei genitori)?
L’ansia dei genitori riveste numerose variabili (paura per i figli, per i parenti, economia, futuro), la sua gestione, per essere efficace, deve svolgersi all’interno del sistema famigliare. Non esiste una soluzione immediata e totale, si tratta di un percorso più o meno lungo e complesso (se si raggiungono forti stati d’ansia è sempre meglio consultare professionisti); sarebbe ottimo fare un lavoro di prevenzione, non aspettando che insorga lo stato ansioso per condividerlo con la famiglia, ma promuovere sempre spazi di condivisione e apertura con gli altri membri del nucleo familiare, dove ognuno sia valorizzato e rispettato, mai sminuito.
Non nascondere questo stato ai figli, che comunque se ne accorgono, ma provare a comunicare le proprie difficoltà, cercando sempre di evitare che si allarmino eccessivamente, comunicando la normalità dell’insicurezza e della paura, che sono stati emotivi giusti, soprattutto in momenti come quelli che stiamo vivendo, che vanno riconosciuti e compresi al fine di riuscire ad essere superati. In questo senso, è fondamentale ricordare come la soppressione e la negazione di sentimenti negativi e di complessa gestione sia uno dei comportamenti più comuni e rischiosi, soprattutto all’interno della vita frenetica che si spesso hanno le famiglie: per quanto possa sembrare la scelta più complicata, è davvero sempre necessario, per tutti noi, prenderci del tempo per entrare in contatto con i nostri stati d’animo, assumendoci la responsabilità del nostro benessere.
Non nascondere questo stato ai figli, che comunque se ne accorgono, ma provare a comunicare le proprie difficoltà, cercando sempre di evitare che si allarmino eccessivamente, comunicando la normalità dell’insicurezza e della paura, che sono stati emotivi giusti, soprattutto in momenti come quelli che stiamo vivendo, che vanno riconosciuti e compresi al fine di riuscire ad essere superati. In questo senso, è fondamentale ricordare come la soppressione e la negazione di sentimenti negativi e di complessa gestione sia uno dei comportamenti più comuni e rischiosi, soprattutto all’interno della vita frenetica che si spesso hanno le famiglie: per quanto possa sembrare la scelta più complicata, è davvero sempre necessario, per tutti noi, prenderci del tempo per entrare in contatto con i nostri stati d’animo, assumendoci la responsabilità del nostro benessere.
Sul piano psicologico queste generazioni Covid quali rischi corrono a medio e lungo termine?
Sicuramente il Covid – 19 ha e tutt’ora sta cambiando radicalmente le nostre vite e le nostre abitudini; per quanto riguarda i più giovani, tra l’avvento della didattica digitale e le pratiche di isolamento sociale, è certo che vi siano stati sufficienti cambiamenti per stravolgere una generazione intera. È inutile nascondere i danni che il distanziamento sociale minaccia di farci subire: traiettorie di sviluppo interrotte, se non radicalmente modificate, situazioni di diseguaglianza critiche, tappe fondamentali ritardate e perse, allontanamento dal mondo sociale e paura, tanta paura.
Quantomeno a livello psicologico, tuttavia, la maggior parte di questi rischi possono essere scongiurati: intanto, ricordiamoci sempre di come il nostro cervello, soprattutto se molto molto giovane, ha un’innata ed incredibile capacità di rigenerarsi ed adattarsi a nuove circostanze nell’ambiente che ci circonda; questo significa che tante di quelle nuove dinamiche quotidiane che gli adulti faticano a comprendere e a introiettare, vengono facilmente metabolizzate dai più giovani (secondo dati di ViacomCBS Networks Italia, su una ricerca svolta su un ampio campione, sembra che i giovani e i giovanissimi siano stati i più bravi nel rispettare le norme del distanziamento sociale).
In seconda battuta, nonostante le giustissime paure che un genitore può avere nel prefigurarsi il futuro di un/a figlio/a nel tempo del Covid – 19, bisogna sempre ricordarsi di quanta forza si nasconde dietro e all’interno del sistema educativo e familiare in cui crescono i nostri ragazzi. Per quanto possa sembrare complicato, a tratti quasi impossibile, è fondamentale che le famiglie si ricordino di essere uno strumento catalizzatore, capace di creare vita, sostenere nei momenti bui e gioire insieme nei momenti felici.
Allora i consigli che si possono dare sono gli stessi di cui si è parlato a lungo: ascoltare i propri ragazzi in maniera aperta ed empatica, accogliere le loro idee e desideri senza giudicarli prima di averli conosciuti (dove voi vedete un deserto, i ragazzi potrebbero vedere infinite e innovative possibilità!) e mettersi in gioco, con loro e per loro.
Proprio su questi argomenti ha riflettuto Papa Francesco, in un suo intervento dedicato ai giovani, e ha detto: “educare è scommettere e dare al presente la speranza che rompe i determinismi e i fatalismi”.
Quantomeno a livello psicologico, tuttavia, la maggior parte di questi rischi possono essere scongiurati: intanto, ricordiamoci sempre di come il nostro cervello, soprattutto se molto molto giovane, ha un’innata ed incredibile capacità di rigenerarsi ed adattarsi a nuove circostanze nell’ambiente che ci circonda; questo significa che tante di quelle nuove dinamiche quotidiane che gli adulti faticano a comprendere e a introiettare, vengono facilmente metabolizzate dai più giovani (secondo dati di ViacomCBS Networks Italia, su una ricerca svolta su un ampio campione, sembra che i giovani e i giovanissimi siano stati i più bravi nel rispettare le norme del distanziamento sociale).
In seconda battuta, nonostante le giustissime paure che un genitore può avere nel prefigurarsi il futuro di un/a figlio/a nel tempo del Covid – 19, bisogna sempre ricordarsi di quanta forza si nasconde dietro e all’interno del sistema educativo e familiare in cui crescono i nostri ragazzi. Per quanto possa sembrare complicato, a tratti quasi impossibile, è fondamentale che le famiglie si ricordino di essere uno strumento catalizzatore, capace di creare vita, sostenere nei momenti bui e gioire insieme nei momenti felici.
Allora i consigli che si possono dare sono gli stessi di cui si è parlato a lungo: ascoltare i propri ragazzi in maniera aperta ed empatica, accogliere le loro idee e desideri senza giudicarli prima di averli conosciuti (dove voi vedete un deserto, i ragazzi potrebbero vedere infinite e innovative possibilità!) e mettersi in gioco, con loro e per loro.
Proprio su questi argomenti ha riflettuto Papa Francesco, in un suo intervento dedicato ai giovani, e ha detto: “educare è scommettere e dare al presente la speranza che rompe i determinismi e i fatalismi”.